L’Opificio delle Pietre Dure ha presentato il restauro di un interessante e poco noto Angelo annunciante in terracotta della Pieve di San Gennaro in Lucchesia, riconducibile stilisticamente alla grande bottega del Verrocchio e che è stato anche attribuito a Leonardo da Vinci da Carlo Pedretti.
I documenti ricordano che il 21 luglio 1776 l’Angelo era stato colpito da una scala mentre veniva addobbata la chiesa per la festa del co-patrono San Cirillo. La parte superiore della statua cadde andando in frantumi. I documenti che riportano l’incidente ricordano che per riparare l’angelo furono acquistate 30 libbre di gesso e i colori per “ricolorillo”. Il complesso restauro è stato compiuto dal settore dei Materiali Ceramici Plastici e Vitrei in nove mesi di intenso lavoro. Dopo la rimozione del gesso usato per la riparazione settecentesca, sono stati smontati i vecchi incollaggi inadeguati e si è proceduto alla rimozione degli spessi strati di ridipintura, lavorando sui singoli frammenti. In molte zone è stato possibile ritrovare i colori originali molto più preziosi di quelli usati dopo l’incidente settecentesco. Per esempio, il giallo sordo dell’ala nascondeva una bella azzurrite, sotto il rosso del manto è riemersa la lacca di garanza. Numerose tracce di oro zecchino in foglia testimoniano la presenza di raffinate decorazioni. Dopo la rimozione delle ridipinture, i frammenti sono stati incollati e la figura dell’angelo si è ricomposta, mostrando una nuova veste cromatica. Dopo le integrazioni delle lacune della terracotta, si è proceduto al ritocco pittorico a selezione cromatica per ricucire le isole di colore e aiutare la corretta lettura dei volumi.
Il progetto si è reso possibile grazie al finanziamento di LEO-LEV, centro espositivo in Vinci, che ha richiesto anche una replica fedele dell’opera. Per la prima volta il settore dei materiali ceramici e plastici si è quindi cimentato nella creazione di una copia in terracotta riproponendo la stessa tecnica pittorica dell’originale che era stata indagata con esami chimici. Per questa replica hanno messo a disposizione dell’Opificio la loro grande esperienza un ceramista e un docente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze. Il risultato è particolarmente vistoso ma rende l’idea di come doveva presentarsi l’opera originale agli occhi dei fedeli di tanti secoli fa quando, nella oscurità della Pieve, era illuminata solo con candele o lumi a olio.